Dal quotidiano “La Stampa” ecco una nuova intervista ad Alessandra Mastronardi. L’attrice parla di “Master of None”, la serie di Netflix che le ha regalato un grande successo in America. Successo che lei, confessa, non si sarebbe mai aspettata.
Dopo averla vista nella seconda stagione di Master of None, gli americani se ne sono letteralmente innamorati. Il magazine Vulture l’ha chiamata «crush», cotta in italiano, e ne ha scritto un profilo dettagliatissimo. Vanity Fair, quello d’oltreoceano, l’ha intervistata sul cibo e su Aziz Ansari, il creatore della serie, le ha chiesto del suo italiano e di come è andato il provino. Copertine, foto, red carpet. Alessandra Mastronardi è ovunque. Francesca, il personaggio che interpreta in Master of None, è una via di mezzo tra un’Amélie italiana e la protagonista di un film di Antonioni: bella, dolce, divertente. Hanno la stessa risata, lei e Alessandra: piena e appassionata. «Aziz aveva l’idea della storia – racconta –. Sapeva da dove far partire il personaggio e dove farlo arrivare. Quello che mancava era il lato femminile. Lui vuole che i suoi attori prendano parte attiva alla stesura della sceneggiatura». E così è stato: «Quando partecipi alla scrittura del tuo personaggio entra immediatamente dentro di te, e quando lo reciti hai un valore aggiunto non indifferente».
E invece, con il successo internazionale, com’è andata? «Sono contenta – confessa –. E se devo essere onesta non me l’aspettavo». Davvero? «No, davvero: non me lo immaginavo. È stata la prima volta che ho partecipato alla promozione di una serie tv in America. E quando è finita, non mi aspettavo questa nuova ondata di interesse». E pensare che di Aziz Ansari e di Master of None Alessandra sapeva pochissimo: «Non lo conoscevo. Netflix è arrivata in Italia nel 2015, e io ero già qui a Londra. Ho conosciuto Aziz solo dopo averlo incontrato. E una volta che ho fatto il provino, ho visto tutta la serie in una notte».
Piaciuta? «Tantissimo. Ho pregato che mi prendesse. La sua è un tipo di comicità che forse mancava anche in America. Tratta argomenti tabù in un modo molto semplice, forse è per questo che piace tanto». Per questo e perché una vera narrazione, di e sui trentenni, mancava: «È così, e lo dico da trentenne. C’è più interesse verso i più piccoli e verso i più grandi. La nostra generazione non è molto considerata».
La prima volta che Alessandra è stata a New York l’ha vissuta con la sorpresa negli occhi e la curiosità nella voce: «Ero con un’altra attrice dei Cesaroni, Elda Alvigini. Ricordo che era un’estate di pausa tra una stagione e un’altra, e partimmo all’improvviso». La decisione di trasferirsi a Londra, invece, è arrivata due anni fa: «Ho sempre sognato di poter essere un’attrice internazionale, e questo lavoro te lo permette». La lingua degli attori, dopotutto, «è universale. Ed è universale anche il messaggio che mandiamo ogni volta che recitiamo. Londra era un punto vicino all’Italia e allo stesso tempo lontano, per questo ho scelto di trasferirmi qui».
Come passa le giornate tra un lavoro e un altro? «È una domanda che mi sono fatta anche io. All’inizio il tempo passa molto velocemente, ci sono molte cose da vedere e da fare. Ultimamente ho trovato un po’ più la mia routine, le mie persone da vedere. Il teatro qui è meraviglioso. Puoi andare come spettatrice a vedere le prove della Royal Academy. Vivo molto alla giornata, quello sì».
Una differenza tra i set in Italia e quelli in America? «Non c’è una cosa migliore o peggiore. C’è solo più o meno budget. I progetti che ne hanno di più hanno un respiro più ampio. Più tempo. E quello è fondamentale per chi fa il nostro mestiere: può essere il tuo migliore amico o il tuo peggior nemico». Quindi è tutto uguale? «Una differenza tra Italia e America è il tipo di rapporto che si crea sul set, e in questo preferisco l’Italia. Un set italiano, la maggior parte delle volte, è pieno di calore, si fa squadra, si diventa una famiglia. Con L’Allieva sono stati cinque mesi di riprese, e mi sono sentita a casa».
Tra i registi con cui le piacerebbe lavorare, Alessandra cita Alejandro González Iñárritu, Tom Ford e Terrence Malick, Gabriele Muccino e Matteo Garrone: «Io sono piccola – dice ridendo – e sono ancora agli inizi, devo ancora lavorare con un sacco di gente». Tutti, però, sono già pazzi di lei.